sabato 28 aprile 2012

Fluttuare. Luce. Silenzio. Sensazioni.




Mi è sembrato come entrare in un luogo sacro, in una chiesa, dove tante persone stavano pregando, dove il tempo si era fermato; c'era silenzio, concentrazione, ma allo stesso tempo vita, e mi è sembrato come poter osservare da vicino quelle persone che pregavano, poterne esaminare le espressioni, immaginare quello che pensavano o quello che non pensavano. Tutto era semplice, dai colori agli oggetti, ma allo stesso tempo non spoglio, era essenziale ma vitale. Mio padre e mia madre, che sono venuti con me a vedere la mostra, non sono gli unici ad avermi detto di aver provato una forte ansia, guardando i performer, soprattutto quelli sdraiati e seduti, mentre io ho sentito tutt'altro. Il mio era quasi un senso di pace, come se quelle persone fossero in totale meditazione e allo stesso tempo fossi in meditazione anche io osservandole. Tanto è vero che mentre mi ero soffermata a guardare i performer sdraiati non mi sono resa conto di aver superato la linea disegnata per terra, e me l'ha fatto presente una ragazza.

Come è successo la prima volta che ho letto di lei, sono uscita dalla mostra con mille pensieri che mi frullavano in testa, pensieri strani, contraddittori forse. Il mio cervello e la mia ragione mi dicevano che quella non era arte. Il mio corpo, le mie sensazioni dicevano invece che lo era, un'arte diretta allo stomaco, all'anima, che non passa attraverso i filtri il cervello. E il silenzio è forse uno dei mezzi più immediati per arrivarci, poiché il silenzio ci fa paura, non ne siamo abituati e spesso lo evitiamo poiché scava molto nel profondo. Non a caso i momenti di maggiore tensione, nel cinema, nel teatro, nella musica, sono i momenti, gli attimi di silenzio. Più di una volta mi è capitato di sentire un improvviso silenzio, e di sentirne nell'orecchio l'onda che lo investe.

La seconda parte della mostra ripercorreva alcune delle sue performance più importanti, in particolare la penultima “The Artist Is Present” al MoMa. Quando sono entrata nella sala dove erano state posizionate le due sedie ed il tavolo, ero sola e mi sono sentita come immersa anche io in quella performance, come se potessi parteciparvi. Inoltre è stato strano vedere tutti quei visi proiettati sulla parete sinistra e solo il suo sulla destra, era come se ognuno di loro fosse in quel momento artista tanto quanto la Abramovic.In una delle ultime sale della mostra era stato installato un televisore con un filmato riguardo a questa performance, con varie interviste sia a lei che a suoi collaboratori. Ciò che più mi ha sorpreso è sentire lei dire di essere nervosa prima della performance al MoMa. É stato come scoprirne l'umanità. In generale percorrendo la mostra mi sono sentita vicina a lei, osservando le persone che stavano facendo la performance mi sentivo parte di essa, parte della sua stessa arte. Probabilmente è quello che lei voleva ottenere: l'osservatore diventa l'arte che egli stesso sta osservando. Metodo ben diverso rispetto alle sue prime performace, quando arrivava e gesti estremi. Questa differenza è simbolo di un lungo percorso, di un'artista che cambia, ma senza mai scadere.

Corinna Antona

1 commento:

  1. Corinna hai un bel modo di far entrare il lettore nel tuo universo!ho trovato il tuo commento davvero bello!è bello il fatto che tu abbia coinvolto i tuoi genitori!!!!ringraziali da parte mia! è bellissima la tua riflessione sul silenzio!

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