Mi è sembrato come entrare in un luogo
sacro, in una chiesa, dove tante persone stavano pregando, dove il
tempo si era fermato; c'era silenzio, concentrazione, ma allo stesso
tempo vita, e mi è sembrato come poter osservare da vicino quelle
persone che pregavano, poterne esaminare le espressioni, immaginare
quello che pensavano o quello che non pensavano. Tutto era semplice,
dai colori agli oggetti, ma allo stesso tempo non spoglio, era
essenziale ma vitale. Mio padre e mia madre, che sono venuti con me a
vedere la mostra, non sono gli unici ad avermi detto di aver provato
una forte ansia, guardando i performer, soprattutto quelli sdraiati e
seduti, mentre io ho sentito tutt'altro. Il mio era quasi un senso di
pace, come se quelle persone fossero in totale meditazione e allo
stesso tempo fossi in meditazione anche io osservandole. Tanto è
vero che mentre mi ero soffermata a guardare i performer sdraiati non
mi sono resa conto di aver superato la linea disegnata per terra, e
me l'ha fatto presente una ragazza.
Come è successo la prima volta che ho
letto di lei, sono uscita dalla mostra con mille pensieri che mi
frullavano in testa, pensieri strani, contraddittori forse. Il mio
cervello e la mia ragione mi dicevano che quella non era arte. Il mio
corpo, le mie sensazioni dicevano invece che lo era, un'arte diretta
allo stomaco, all'anima, che non passa attraverso i filtri il
cervello. E il silenzio è forse uno dei mezzi più immediati per
arrivarci, poiché il silenzio ci fa paura, non ne siamo abituati e
spesso lo evitiamo poiché scava molto nel profondo. Non a caso i
momenti di maggiore tensione, nel cinema, nel teatro, nella musica,
sono i momenti, gli attimi di silenzio. Più di una volta mi è
capitato di sentire un improvviso silenzio, e di sentirne
nell'orecchio l'onda che lo investe.
La seconda parte della mostra
ripercorreva alcune delle sue performance più importanti, in
particolare la penultima “The Artist Is Present” al MoMa. Quando
sono entrata nella sala dove erano state posizionate le due sedie ed
il tavolo, ero sola e mi sono sentita come immersa anche io in quella
performance, come se potessi parteciparvi. Inoltre è stato strano
vedere tutti quei visi proiettati sulla parete sinistra e solo il suo
sulla destra, era come se ognuno di loro fosse in quel momento
artista tanto quanto la Abramovic.In una delle ultime sale della mostra
era stato installato un televisore con un filmato riguardo a questa
performance, con varie interviste sia a lei che a suoi collaboratori.
Ciò che più mi ha sorpreso è sentire lei dire di essere nervosa
prima della performance al MoMa. É stato come scoprirne l'umanità.
In generale percorrendo la mostra mi sono sentita vicina a lei,
osservando le persone che stavano facendo la performance mi sentivo
parte di essa, parte della sua stessa arte. Probabilmente è quello
che lei voleva ottenere: l'osservatore diventa l'arte che egli stesso
sta osservando. Metodo ben diverso rispetto alle sue prime
performace, quando arrivava e gesti estremi. Questa differenza è
simbolo di un lungo percorso, di un'artista che cambia, ma senza mai
scadere.
Corinna Antona
Corinna hai un bel modo di far entrare il lettore nel tuo universo!ho trovato il tuo commento davvero bello!è bello il fatto che tu abbia coinvolto i tuoi genitori!!!!ringraziali da parte mia! è bellissima la tua riflessione sul silenzio!
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